18 giugno 2012

Ma Grillo ha ragione?


di Citto Saija *

La domanda è certamente retorica. Grillo, il comico genovese attento ai fatti politici, ha senza alcun dubbio ragione da vendere. Nella storia del teatro e dell’affabulazione gli attori hanno sempre fatto i grilli parlanti (nel senso buono del termine) e hanno sempre lanciato sberleffi nei confronti dei poteri costituiti che di fatto opprimono la gente.

 Pensiamo a tutto il teatro di Dario Fo e Franca Rame, ma anche a tanto teatro medioevale.Naturalmente, i poteri forti non tollerano che un comico dica sui tetti la verità e quindi cominciano ad accusarlo di antipolitica, di qualunquismo o, come fanno i “puri” a parole di una certa sinistra di non essere né di destra né di sinistra o addirittura di essere di destra.
Sono convinto che Grillo, interpretando il disagio della gente comune vuole spingere i detentori del potere vero (il popolo sovrano) a fare politica, quella vera e non quella delle conventicole dei partiti che sono veramente dei morti non morti (abituati solo a succhiare il sangue alla faccia della povera gente). Non voglio certo dire che tutti i partiti sono uguali. Quelli della sinistra radicale sono certo diversi. Fra l’altro in questo momento, almeno a livello nazionale, non stanno nella stanza dei bottoni. Ma anche questi, nonostante l’entusiasmo delle loro basi, non riescono a rinnovarsi. Non riescono a diventare orizzontali. Continuano a restare verticali. Rifiutano la comunicazione, non riescono più a fare formazione politica, spesso privilegiano la mediocrità purché sia servile. Spessissimo si tratta di ceti politici decotti, anche di giovane età.

Mercoledì 13 giugno, nel giornale “Il fatto quotidiano”, è apparsa una interessante intervista, fatta con grande intelligenza giornalistica da Marco Travaglio, a Beppe Grillo, megafono del movimento 5 stelle, di un movimento politico (che giustamente non vuole definire partito) che potrebbe anche diventare il primo”partito” italiano senza colpa. Anzi Grillo, con molta autoironia, sembra affetto dalla sindrome dell’apprendista stregone. Chi non ricorda il famoso film del 1940 “Fantasia” di Walt Disney in cui Topolino utilizza i poteri magici per far lavorare al suo posto una scopa al ritmo dello “Scherzo sinfonico” di Paul Dukas? Grillo sa che la politica nazionale richiede impegno, esperienza, dirittura morale, competenza politica (che non significa essere tecnici) e, in certo senso, ha paura di vincere e si pone il problema di non fare morire “di colpo”, con molta velocità, i partiti agonizzanti. Il giorno dopo, sempre ne “Il fatto quotidiano”, politici di vario tipo e qualche giornalista hanno commentato l’intervista rilasciata da Grillo. Alcuni dei commenti sono condivisibili altri un po’ spocchiosi o saccenti, qualcuno espressione del giovanilismo moderato e rampante, qualche altro strumentalizzante. In ogni caso si è aperto un dibattito perché Grillo sta facendo qualcosa di buono, ciò che anche la sinistra cosiddetta radicale non riesce a fare perché spesso impegnata ad automordersi nelle “tane di vipere” che sono i cosiddetti “organismi” (bruttissima parola) verticali. Ma in politica dovrebbero contare i fatti e i contenuti piuttosto che gli interessi o anche le ideologie astratte.

Ma esaminiamo da vicino l’intervista del buon Grillo “parlante”. Un fatto centrale mi sembra l’aver messo in discussione l’attuale forma-partito. Oggi i partiti, compresi anche quelli piccoli della sinistra radicale, hanno forma e strutture antidiluviane che risalgono ai tempi di Matusalemme. Da tantissimi anni mi batto per una forma-partito di nuova sinistra, ma sono stato sempre considerato un idealista e ho sempre predicato nel deserto. I partiti della destra si fondano sugli interessi, pensiamo al doroteismo democristiano, al craxismo o al berlusconismo. Quelli della sinistra che hanno tentato il rinnovamento sono ancora, in parte, subalterni ad un lascito della impostazione del terzinternazionalismo (pensiamo al cosiddetto centralismo democratico o all’ultimo Pci consociativo).
A parte il nominalismo, Grillo ha messo in discussione il verticalismo dei partiti tradizionali. Il rinnovamento del terzo millennio deve invece passare per l’orizzontalismo, per la democrazia partecipativa, per un sistema di rete (la prima intuizione di Orlando) che dia la parola a tutti e non solo ai cosiddetti dirigenti che fanno parte degli “organismi”. Naturalmente Grillo deve guardarsi da coloro che, appartenuti al vecchio potere, cercheranno di riciclarsi, di cambiare casacca (in Italia il trasformismo c’è sèmpre stato!) e di saltare sulla barca del possibile vincitore. Come Grillo afferma “il movimento è nato dimensionato sulle realtà locali. Il Parlamento è fatto su misura dei partiti”. Certamente Grillo ha ragione ma anche il Parlamento, se la politica si svolge nel senso orizzontale, può cambiare anche perché i padri costituenti hanno voluto fondare uno stato in cui le autonomie locali hanno una grande centralità.

 Ma i contenuti abbozzati da Grillo e che dovrebbero essere discussi tra la gente sono di destra o di sinistra? Mi sono sforzato di comprendere e sinceramente devo dire (divergenze ci possono sempre essere) che i contenuti sono sostanzialmente di sinistra. Essere di sinistra significa stare tra la gente, scegliere i più deboli, puntare sulla partecipazione (che è vera democrazia e non bonapartismo), dire che i beni comuni sono di tutti e quindi non vanno privatizzati, non fare la guerra né prepararla, non vendere armi ma aratri, rispettare l’ambiente e la natura, non sperperare. Quando Grillo afferma che le autostrade, le ferrovie, i telefoni, le frequenze radio e Tv sono di tutti e devono essere restituiti ai cittadini e non privatizzati fa un discorso sostanzialmente di sinistra. La stessa cosa va detta per energia e acqua. Quando afferma che il Tav Torino-Lione non serve al Paese e che si possono risparmiare 20 miliardi fa un discorso di sinistra. La stessa cosa vale per il ponte sullo stretto. Ma Monti non ha sciolto la società mangiasoldi “stretto di Messina” né il suo sostenitore Bersani lo ha chiesto. E lo scioglimento delle inutili province? E l’annullamento dell’acquisto dei cacciabombardieri che a nulla servono se non a seminare morte e distruzione? E la lotta agli inceneritori che inquinano?
Grillo ha ragione e lo dice esplicitamente concludendo la sua intervista: “Lo so benissimo che non posso salvare l’Italia: io getto le basi, faccio il rompighiaccio, dissodo il terreno, propongo un metodo e qualche strumento. Poi ogni cittadino deve camminare con le sue gambe. Io il mio lavoro l’ho fatto. Ora tocca agli italiani”. Lo ripeto: “ha ragione da vendere”.

Nel mio piccolo, attraverso un piccolo giornale, usando ancora una vecchia macchina da scrivere, sostengo da anni che i partiti, anche quelli di sinistra radicale, devono cambiare forma; da più di un anno vado sostenendo che il partito di centro-sinistra può essere sorpassato. Probabilmente sarà sorpassato dal movimento di Grillo; se anche la sinistra cosiddetta radicale (ma deve essere radicale soprattutto nel metodo oltre che nei contenuti) si impegnasse per il sorpasso uscendo dalle conventicole e dai “comitati politici” per ceti politici, allora la maggioranza assoluta in Parlamento sarebbe a portata di mano e la stessa cosa vale per Regioni e Comuni. Non mi pare che Grillo rifiuti le alleanze serie: “Le alleanze certo, se necessario le faremo, ma solo sulle cose da fare, e in forme trasparenti, senza giochini sottobanco”. Mi sembra un discorso chiaro e certamente non è un discorso di destra. Non vi è il marchio della falce e martello. Ma la falce e martello può anche stare nel cuore (perché il lavoro che sta alla base della Costituzione repubblicana è nel cuore di tutti) e la stessa Carità cristiana sta nel cuore. Ed allora, con questi presupposti, cambiare l’Italia è possibile.

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