di Massimo Marino
Siete sicuri di conoscere chi ha vinto le elezioni in
Sardegna, perché ha vinto, cosa ha vinto ? E in Abruzzo com’è che una
coalizione più larga ha perso ? Ancora una volta un sistema di voto demenziale nel
quale gli elettori attivi rimasti cercano di esprimere la propria scelta, ha
colpito ancora ( e forse questa volta ci è andata bene ).
Proviamo a fare un po' di luce ( e gli
scongiuri sul futuro della Sardegna e dell’Abruzzo).
CHI HA VINTO
- In Sardegna secondo
le regole della legge elettorale regionale ( modificate di recente dal
Consiglio uscente) ha vinto la candidata Presidente Alessandra Todde per circa
1600 voti in più del secondo candidato su 1.447.753 aventi diritto al voto. I due candidati di
fatto erano pressoché alla pari ma le 10 liste che hanno sostenuta la Todde si divideranno il
60% dei seggi ( cioè 36 su 60 ). Poiché la coalizione di 5 liste a sostegno di
Soru non ha raggiunto il 10% non avrà eletti ( singolare !) e quindi le 9 liste a sostegno di Truzzu
avranno tutti gli altri 24 seggi ( ri-singolare ! ) .
Preciso: se fossi
stato sardo avrei votato anch’io Todde e i 5stelle, non avrei trovato
alternative. La Todde è persona seria ma con soli tre anni di esperienza
politica in prima linea. Il sistema elettorale bislacco ha prodotto un
Consiglio con 60 eletti di 16 liste diverse. ( Ma l’introduzione del
maggioritario e delle coalizioni pre-voto in varie forme nel corso degli ultimi
decenni non doveva contenere la frammentazione ? ).
Sul vento che cambia e
i media che inventano animali fantastici
io andrei molto cauto. Al momento
l’unico vento serio è quello riguardante pale eoliche e rinnovabili su cui le
associazioni ambientaliste sarde chiedono l’abbandono di carbone e olio
combustibile, l’aggiramento del gas e la transizione rapida alle rinnovabili.
Una bella scommessa l’isola verde indicata anche dalla Todde e dai 10 alleati
nel documento programmatico di 203 pagine della coalizione. Spero sinceramente
che se la cavi: si comincerà a capire fra 1-2 anni.
In termini di voti Todde
ha ottenuto circa 332.000 voti (
cioè il 22,9 % del totale aventi diritto). Truzzu ne ha ottenuti
all’incirca 1600 in meno ( neanche un decimale in meno del 22,9% ). Il
terzo ( Soru ) circa 63.000.
Le 10 liste di Todde (
due delle quali, Sardegna20venti e Fortza Paris, nelle precedenti elezioni del
2019 erano nella coalizione di cdx ) hanno ottenuto circa 291.000 voti. I
36 seggi della maggioranza sono ripartiti fra 8 liste ( 12 al PD , altri 11
sommando M5S e lista civica Todde, 4 agli ecosinistri di AVS, 9 ad altre 4
liste).
Le 9 liste di Truzzu
hanno ottenuto circa 329.000 voti ( circa 38.000 voti in più di quelle
di Todde) . I 24 seggi sono ripartiti fra 8 liste (7 a FdI , 3 a Forza Italia,
2 alla Lega, altri 12 ad altre 5 liste ) .
- Nelle precedenti
elezioni regionali del 2019 ( vinte dal CDX con Solinas ) i candidati
presidenti erano 7 invece di 4 e le liste in totale una in meno (24 invece di 25
) Il candidato del tradizionale CSX (Zedda) aveva perso con circa 251
mila voti e quello del M5S con 85.000.
La somma dei due ( 336mila) è stata in
realtà superiore ai voti ottenuti adesso da Todde (4mila in più ).. Altri 4
candidati avevano ottenuto in totale circa 60 .000 voti ( vicini ai
63mila ottenuti adesso da Soru) e nessun eletto. Il vincente Solinas aveva
ottenuto 364.000 voti cioè il 24,8
% del totale aventi diritto che erano 1.470.404 ( Solinas quindi ottenne
circa 32 mila voti in più di Todde e di
Truzzu ).
- Nelle elezioni
politiche del settembre 2022 in Sardegna erano presenti 14 liste in totale.
Con riferimento alla Camera dei deputati gli aventi diritto erano 1.342.551
. Quattro liste erano assimilabili agli attuali sostenitori di Todde e
ottennero circa 325mila voti. Fra queste il M5S con 149mila voti, il
PD con 127mila, AVS con 36mila.
Insomma capire chi ha
vinto e il vento che tira mi sembra questione da prendere con prudenza. Io vedo
una situazione di prevalente immobilità
e pochissimi cambiamenti di rilievo.
Nel successivo voto in
Abruzzo il risultato mi è sembrato più
chiaro. Il campo largo di CSX , che più largo non si può, smentisce un altro
animale fantastico che aleggia da tempo: “più siamo uniti più vinciamo” (
sicuri? con Renzi e Calenda più alcuni multisimboli ingombranti e senza voti ?
).
Sul tema condivido
Travaglio di ieri ( qui
) : “ Il sistema bipolare e maggioritario dell’elezione diretta a turno
unico dei presidenti di Regione – o di qua o di là – espelle dalle urne gli
elettori che non vogliono farsi ingabbiare in due ammucchiate: infatti in
Sardegna e in Abruzzo il 48%, ( in realtà il 51% ) un elettore su due, non ha votato “ . In
effetti se fossi stato abruzzese mi sarei chiesto: ma che ci azzeccano questi con
il M5S e il vento di cambiamento? Si
dimentica che il partito dell’astensionismo militante è di gran lunga il
più numeroso e parecchio prevenuto ed
alla fine è quello che determina quale minoranza vince.
Il campo largo è ideato
come un panino: all’esterno da una parte
si mette una fetta di Renzi/Calenda/Magi, dall’altra di 5Stelle ed ecosinistri,
in mezzo una bella fetta di salame PD.
La speranza è che nel turbine di incerti sapori si scelga per prudenza di
mangiare solo la fetta di salame in mezzo e scartare il resto. Così
l’immobilismo è garantito. E’ la versione aggiornata per necessità del partito
a vocazione maggioritaria, l’animale fantastico di Veltroni che ai paninari (
gli elettori) non è piaciuto per niente e lo ha portato alla disoccupazione..
Anche qui
condivido Travaglio: “ .. meglio il
proporzionale, che coinvolge tutti i cittadini. L’ubriacatura bipolare del
berlusconismo è finita nel 2013 con l’avvento dei 5 Stelle, malgrado i
tentativi renziani di riesumarne il cadavere (puniti dagli elettori) e
l’operazione Draghi per livellare tutti i partiti su un unico programma, la sua
fantomatica Agenda (bocciata dagli elettori). La politica è fatica, mediazione,
compromesso fra istanze e interessi diversi e incomprimibili in due blocchi ..
Prima che metà degli elettori abbandoni stabilmente i seggi, è il caso di
prenderne atto e tornare al proporzionale, anche con uno sbarramento fino al 5%
che costringa i partitini simili a unirsi, e con la preferenza unica che
impedisca le doppiette e le triplette mafiose e clientelari da Prima
Repubblica…”
L’ASTENSIONISMO E
L’ELECTION DAY
Il risultato in
Sardegna ha assunto come prevedibile una crescente importanza, vera o presunta,
con l’avvicinarsi del voto. Con l’ovvia aspettativa di avere una maggiore affluenza. La realtà invece, come spesso avviene, ha
tradito il fantasioso argomentare dei
media. L’astensionismo ( compreso come è logico le bianche e le nulle ) ha ancora
ridotto il voto attivo al 50,4 % per i presidenti e 47,2% per le
25 liste presenti. Alle regionali del 2019 erano rispettivamente il 51,8%
per i presidenti e 48,6 % per le 24 liste. In mezzo, alle politiche del
settembre 2022, i votanti sono stati il 51,06 %. A questi andrebbero aggiunti gli estimatori del voto a perdere, quello verso liste che, con le regole attuali hanno probabilità di successo vicino a zero. In Italia il voto a perdere arriva almeno a 1,5-2 milioni di voti e tocca pochissimo il CDX.
L’astensionismo
continua seppure lentamente ad aumentare ancora, segnale evidente che
nell’insieme non si percepivano dirompenti novità ( buone o cattive che
fossero).
Alle politiche precedenti del 2013 e 2018 il successo dei 5stelle e le forti
aspettative avevano portato invece ad una tenuta della partecipazione sopra il 70%. I dati (
confermati anche in Abruzzo ) indicano quindi che al momento l’astensionismo si
sta consolidando: almeno 50-51 elettori su 100 non vedono ragioni per andare
a votare. Ho più volte espresso
l’opinione che per almeno la metà si tratti di “astensionismo militante”
cioè di elettori per niente “ spoliticizzati”
ne “sonnambuli” ma invece delusi
da loro precedenti riferimenti, in tanti casi ex militanti provati
dai tanti fallimenti dei loro referenti e leader ( i sondaggisti chiamano tutti,
sbagliando, “voto d’opinione”) . Per gli altri
invece, quelli che hanno oggettive difficoltà a recarsi al voto, non si
prendono iniziative innovative per
rendere più facile la partecipazione, specie ai fuori sede. Io scarterei la
strada del voto per posta ( poco efficace e pericoloso ). Meglio attivare un
seggio speciale in ogni capoluogo di provincia ( quindi un centinaio )
anticipando in questi apertura e chiusura di un giorno e inviando subito i risultati, attraverso un
nodo centrale, ai singoli Comuni.
Si è parlato di election day ( finto) poiché con le Europee
di giugno avremo anche la Regione Piemonte
e il primo turno di molti Comuni ( fra
cui 27 capoluoghi di Provincia ). In realtà prima in Aprile avremo la
Basilicata e questo inverno l’Umbria ( conoscete un altro paese al mondo dove
si vota 5-6 volte nello stesso anno ? ). In aggiunta resta in sospeso il destino di più di
100 provincie dove si vorrebbe ripristinare il vecchio sistema di voto primario
entro l’anno. Ma non sarebbe il caso di dimezzare le nuove Provincie
proliferate in modo irragionevole per due decenni e cominciare lì a reintrodurre un
proporzionale con quorum al 5% per impedire
l’esplosione di molte centinaia di liste
? Solo il padreterno sa quale altro astruso marchingegno inventeranno
per le Provincie nell’unico paese del mondo dove pur con sistemi a base
maggioritaria e forzosamente bipolari ci sono ormai decine e decine di liste, con
più di dieci sistemi elettorali diversi e almeno 50 elettori su 100 che non
votano.
L’unica cosa da
invidiare e copiare del sistema di voto americano ( il resto è demenziale) è la concentrazione di tutto il voto sempre
nella stessa data di novembre ogni 4 anni, al quale lì hanno aggiunto, sempre
in novembre, il voto di mezzo termine a
metà percorso per complicarsi la vita. Io aggiungerei invece la soglia del 5%
alla tedesca in tutti i tipi di votazioni dai Comuni al Parlamento.
Gradualmente potremmo introdurre il voto di qualunque tipo ( compresi eventuali
referendum) sempre nella stessa data dell’anno
concentrando ogni 4 anni la scadenza delle Politiche seguite a metà
percorso dalle Europee. In pratica voteremmo ogni 24 mesi con un enorme
semplificazione di costi, maggiore propensione a fondersi in soggetti
politici stabili con minore
frammentazione e con maggiore chiarezza sui programmi. Avremmo comunque
almeno 7-8 partiti garanti del
pluralismo ma con maggiore stabilità e serietà.
Invece abbiamo una permanente campagna elettorale dove si
inventano ogni due mesi fantasiosi appuntamenti decisivi, convergenze, irreali
proposte preelettorali, giravolte e cambi di regole e di casacca che sono ormai
la caratteristica dilagante della misera politica all’italiana.
Ad aprile si
ricomincia con la Basilicata.
13 marzo 2024